In morte di Stephen Hawking.
«Non esiste né un Dio né il diavolo, perché se ci fosse un Dio gli chiederei di lanciare un fulmine sull’ingiusto ed iniquo Parlamento; se ci fosse un diavolo gli chiederei di inghiottirlo sotto terra; ma, poiché non esiste né l’uno né l’altro, non ne farò nulla».
Giulio Cesare Vanini sul patibolo di Tolosa, il 9 febbraio 1619.
Due (tre, con quella di Vanini) delle più intransigenti negazioni dell’esistenza di Dio e dell’immortalità dell’anima.
“Trovo che sia valsa la pena di viverla, e la rivivrei con gioia se me ne fosse offerta la possibilità”.
Questa vita, prosegue Russell, è stata dominata “da tre passioni semplici, ma di una forza irresistibile: la sete dell’amore, la ricerca della conoscenza, e una immensa pietà per le sofferenze umane” [Autobiografia, 1962]Ha scritto ancora (in “Il mio credo”, 1925): “Non sono in grado di dimostrare che il mio punto di vista sulla via retta sia giusto; posso soltanto formulare la mia opinione, sperando che sia condivisa da molti. Il mio pensiero è questo: la vita retta è quella ispirata dall’amore e guidata dalla conoscenza. Conoscenza e amore non hanno confini, cosicchè una vita, per quanto retta, è sempre suscettibile di miglioramento. L’amore senza la conoscenza, o la conoscenza senza l’amore, non possono maturare una vita retta […]. Benchè amore e conoscenza siano necessari, l’amore è, in un certo senso, più fondamentale, perché spinge l’intelligenza a scoprire sempre nuovi modi di giovare ai propri simili”.










L’Appendice a Il laico impertinente. Laicità e democrazia nella crisi italiana [Roma, Manifestolibri, 2013] pubblicata dal 


re ponendo in questo ritorno la speranza che vi sia ancora una giustizia giusta per Itaca. Mentre lo sguardo di Edipo finisce per spegnersi nella furia impotente dell’autoaccecamento – come marchio indelebile della colpa – quello di Telemaco si rivolge all’orizzonte per vedere se qualcosa torna dal mare. Certo, il rischio di Telemaco è la malinconia, la nostalgia per il padre glorioso, per il re di Itaca, per il grande eroe che ha espugnato Troia. La domanda di padre, come Nietzsche aveva intuito bene, nasconde sempre l’ insidia di coltivare un’ attesa infinita e melanconica di qualcuno che non arriverà mai. È il rischio di confondersi con uno dei due vagabondi protagonisti di Aspettando Godot di Samuel Beckett. Lo sappiamo: Godot è il nome di un’ assenza. Nessun Dio-padre ci potrà salvare: la nostalgia per un padre-eroe è sempre in agguato! (…) Dal mare non tornano monumenti, flotte invincibili, capi-partito, leader autoritari e carismatici, uomini-dei, ma solo frammenti, pezzi staccati, padri fragili, vulnerabili, nuovi sindaci dal sorriso gentile, poeti, registi, insegnanti precari, migranti, lavoratori, semplici testimoni di come si possa trasmettere ai propri figli e alle nuove generazioni la fede nell’avvenire, il senso dell’ orizzonte, una responsabilità che non rivendica alcuna proprietà.
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