Il più importante è che quando una potenza dominante si trova ad affrontarne due rivali, di solito trionfa quella che non entra in conflitto con la potenza dominante. Un’altra lezione è che, pur avendo tutte le carte in regola per ottenere grandi risultati, le civiltà possono soccombere sotto il peso di errori non forzati. Ad esempio, all’inizio del ventesimo secolo, l’Occidente sembrava pronto per la prosperità: con l’avvento dell’elettrificazione, dell’auto, del telefono, della radio e del trasporto aereo, il progresso tecnologico attraversava una fase di accelerazione, mentre il circolo vizioso della povertà e della guerra sembrava essersi spezzato.

Ma la prima guerra mondiale pose fine a questa età dell’oro. Le invenzioni progettate per liberare l’umanità divennero armi di distruzione e l’illusione del progresso morì nelle trincee. Per decenni, l’Europa fu sconquassata dalla guerra e dall’odio, il continente andò in fiamme.

Oggi il mondo sta vivendo qualcosa di simile. Dovremmo essere alle soglie di un futuro prospero perché il potenziale dell’umanità non è mai stato così immenso. Grazie alla transizione verso un’energia più pulita, l’era dei combustibili fossili potrebbe chiudersi per sempre. Le scoperte scientifiche potrebbero cambiare drasticamente la nostra vita, curando malattie resistenti alle terapie, sviluppando una fonte quasi illimitata di energia rinnovabile, liberando gli esseri umani dai compiti più ardui e così via.

Molti paesi hanno riconosciuto l’urgenza di affrontare il cambiamento climatico e di proteggere il pianeta. Milioni di ettari di territorio – dal Kivu all’Amazzonia – sono in fase di riforestazione. Il trattato Onu sull’alto mare punta a tutelare il 30 per cento degli oceani entro il 2030. Il Pil sta lentamente cedendo il passo ad altre misure che attribuiscono valore alla salute, all’uguaglianza e al benessere. I giovani stanno facendo sentire la propria voce in tutto il mondo, le donne hanno sempre più accesso a ruoli di responsabilità e le società, consapevoli di dover fronteggiare sfide comuni, si impegnano nel dialogo.

Eppure, come all’inizio del ventesimo secolo, si sta profilando lo scenario peggiore. L’autoritarismo è diventato sempre più diffuso, arrivando a sovvertire anche le democrazie più consolidate. Se non stiamo attenti, l’intelligenza artificiale rischia di distruggere miliardi di posti di lavoro, portare alla creazione di nuove armi ed erodere le nostre capacità cognitive. L’ambiente continua a degradarsi e la crisi climatica ad aggravarsi a causa dei milioni di tonnellate di emissioni di gas serra che vengono ancora rilasciate nell’atmosfera.

L’innalzamento del livello dei mari, il prosciugamento dei fiumi e i cattivi raccolti hanno costretto milioni di persone a migrare. Le guerre si moltiplicano in tutto il mondo e i conflitti per il cibo e l’acqua sono destinati a intensificarsi.

La maggior parte dei governi democratici è paralizzata e rimanda le riforme necessarie a dopo le prossime elezioni. Con la globalizzazione sotto attacco, sono riaffiorate la paura dell’altro, la nostalgia di una purezza illusoria e il disprezzo per la conoscenza. Tutto ciò ha portato alla divisione, all’esclusione e alla sfiducia, terreno fertile per l’affermazione del populismo. L’intelligenza collettiva cede il passo alla rabbia individuale, proprio come all’inizio del ventesimo secolo.

Ancor più preoccupante è che ci troviamo a fronteggiare sfide comuni – cambiamenti climatici, povertà, rischio di epidemie e uso improprio della tecnologia, in particolare dell’IA – che colpiscono l’umanità in quanto tale. Saturi di schermi e videogiochi, e costantemente ossessionati dalle rivalità nazionali, dimentichiamo di pensare al futuro globale e permettiamo ai potenti interessi nazionali di dominare i processi decisionali. È così che muoiono le civiltà. È così che può morire la civiltà umana.